Radio Barrea 12 luglio


Rocco e i suoi fratelli del Boccaccio

Le correnti dello stretto

Torre Faro... la meta


Cari amici, Radio Barrea ha ricevuto questa lettera di Adalgisa....

Eccomi quasi alla fine di questo tratto di Guya Trekking con Manfredi, la GUIDA.
Della cronaca del viaggio vi ha già parlato lui, io vorrei soltanto lasciarvi qualche impressione e qualche mia “lettura” di questi ultimi giorni. Sono stati indubbiamente migliori dei primi dal punto di vista del trekking: paesaggi molto più belli, altitudini non elevate, vegetazione ricchissima. Un’alternarsi di pinete e di faggete, diversissime tra loro ma entrambe piacevolissime. Difficoltà sempre alternate, ma dislivelli accettabili …ed io ho continuato ad arrancare dietro Manfredi che mi stacca sempre di 70/100 mt e continua ad andare in esplorazione preventiva specialmente quando ci sono dubbi sulla direzione da prendere e dove i segnali sono meno chiari.
Ieri sera ci siamo accampati al tramonto, ha montato rapidamente la tenda mentre accendeva il fuoco, io avevo freddo perché camminando nel pomeriggio eravamo passati in alcuni tratti in cui soffiava un venticello gelido che sul corpo sudato non è proprio piacevole! Così ero infreddolita e mi sono subito rintanata nel mio sacco a pelo mentre la mia GUIDA preparava dei tortellini in brodo fumanti.
Avevamo discusso della forza e della fragilità delle persone, degli uomini e delle donne, durante la giornata. Ci sono aspetti sui quali non concordiamo ma devo dire che nonostante abbia giustamente le sue opinioni, a volte si pone in posizione di ascolto e cerca di comprendere anche le opinioni altrui, le mie in questo caso. In ogni caso, cerca sempre, nei modi di comportarsi, di essere rispettoso di ciò che penso. Non si può negare che in un trekking così impegnativo, la forza fisica sia un aspetto essenziale, ma, come lui ha compreso bene durante il suo viaggio, la forza psicologica è importantissima per affrontare una sfida come questa. Così, anche se le doti fisiche a volte sono più scarse, la voglia di andare avanti sostiene e aumenta le possibilità di farcela. Ma il corpo ha le sue esigenze e “pretende” rispetto così, se non si è in grado di ascoltarlo, lui si prende le sue rivincite attraverso qualche piccolo malessere che ti “obbliga” ad arrestarti, a dargli tregua. A volte, quando lo sforzo è troppo superiore e per lunghi periodi, interviene in maniera anche più “pesante” con malattie più importanti.
Così, tornando alla serata di ieri, lo stress al quale io avevo sottoposto il mio più fragile corpo, mi ha avvisata e costretta ad un maggior riposo. La mia GUIDA ha compreso ed ha rispettato la mia fragilità fisica lasciandomi riposare e riscaldare occupandosi da solo della cena. Non è certo un tipo che esprime i suoi sentimenti, ha una specie di pudore che gli impedisce di mostrare serenamente le sue emozioni, ma esse sono interamente nei suoi comportamenti.
Ma non vi ho ancora parlato del Manfredi “saltimbanco”. Anche ieri, c’è stato un momento in cui mi sono dovuta fermare perché non riuscivo a smettere di ridere. Il suo repertorio è veramente vasto. Prima di tutto canta, e a volte urla, al vento, al cielo, alle foreste. Quando arriviamo ad un punto, una vetta o un punto panoramico, si diletta in ululati vari, scarica le sue energie o dà sfogo al piacere di aver fatto un punto importante. Ma il più delle volte canta. Peccato che la memoria a volte non lo assista, ma il repertorio è ampio! Ha una bella voce intonata e forte e se canta seriamente non è male! Ma il diletto più grande viene dalle sue “pseudo-imitazioni”. Praticamente ha il “coraggio” di parlare vari dialetti: toscano in testa, poi ligure, lombardo, napoletano, calabrese e certo non manca il palermitano! Ma si diletta anche ad imitare. Vi posso garantire che è uno spasso e, considerando che molto spesso “costruisce” al momento (nel senso che inventa dove non ricorda!) a volte ci escono delle estemporanee molto divertenti.
Voi vi chiederete: ma non c’è qualcosa che ti irrita di Manfredi? Oh sì certo che c’è, a volte devo forzarmi per non reagire, ma anche io irrito lui, come è normale che sia. Siamo così diversi che se confliggiamo su qualcosa credo sia impossibile non “urtarsi”, ma credo che, almeno fino ad ora, ha prevalso il nostro rispetto reciproco e la voglia di arricchirsi un po’ attraverso questa conoscenza che via via abbiamo costruito.
Tornando al nostro viaggio, devo dire qualcosa di Oppido Mamertina. So che lui vi ha già scritto, ma non esprime per nulla quello che è veramente successo. Proverò a dirvi qualcosa io.
Avevamo una lunga giornata di cammino, saranno state già le 17. Arriviamo a Sanatorio dopo un lungo pezzo di strada asfaltata, finalmente un bar (questi tipici di zone di montagna) con ristorante e pizzeria. C’erano delle famiglie. Il nostro arrivo, come sempre è: Manfredi arriva un po’ davanti a me e inizia il suo approccio con chiunque capiti (per lui non fa differenza se giovane o vecchio, donna o uomo, l’importante è “irrompere” con il suo stile e con un grande desiderio di comunicare o … “impressionare” il/i malcapitati). La sua carica comunicativa è veramente “esplosiva” e come vi ho già detto, bastano pochi minuti ed anche i più reticenti “cadono” ammaliati e rapiti.
Si avvicina al bar esclamando: ma quanta bella gente! E ci credo, dopo una giornata passata solo con me, lui che ha bisogno della gente intorno come il pane! La reazione non si è fatta attendere. Io, come spesso faccio mi metto giusto un po’ in disparte e lo lascio ai suoi racconti: da dove vengo, dove vado, perché faccio questo…I suoi racconti sono spesso “riorganizzati” a seconda del suo pubblico: in alcuni casi punta subito sull’”impresa” e sul suo valore fisico e psicologico, a volte sull’aspetto della solidarietà, a volte sull’aspetto “scientifico”; quasi sempre ci sono tutti questi elementi per mostrare il panorama ampio delle ragioni che lo hanno portato a questo viaggio.
Mi ero seduta ad un tavolo sul prato mentre Manfredi intanto raccontava e chiedeva del suo amico Carmelo (di cui vi ha parlato) e tra una battuta ed un gelato ci siamo ritrovati caricati in macchina e trasportati a Oppido Mamertina, accompagnati in albergo per fare una doccia e poi via a cena invitati da Rosalba e i suoi genitori: Ausilia e Edoardo. Tutto questo in una tale naturalezza che, certamente era stata creata dalla “carica” e dal “trasporto” di Manfredi ma colto in maniera egregia dalla straordinaria accoglienza di queste famiglie calabresi.
Permettetemi solo una nota personale: mentre ero lì seduta c’era una coppia di circa 50-55 anni che passeggiava tenendosi sottobraccio. Ci siamo guardati e sorriso, erano un po’ intimiditi ma dopo un po’ si sono avvicinati. Lei: Rosa Vergara, una donna bella e dolcissima, riservata e tenera, mi ha subito colpita. Parlava con una serenità che le illuminava gli occhi. Uno di quegli incontri che scalda il cuore. Tre donne ho incontrato (con le quali ho parlato un po’): Rosa con la sua dolcezza, Rosalba con la sua determinazione e Ausilia con la sua perseveranza nel migliorarsi, hanno arricchito il mio viaggio. Gli uomini mi perdoneranno se non parlo di loro, ma la sintonia che si crea e la facilità ad entrare subito nella sfera più “psicologica” con le donne, ha fatto sì che io potessi cogliere meglio ed essere colpita più da loro che dagli uomini. Carmelo, Gaetano e Edoardo mi sono apparsi, nella loro diversità, tre uomini gentili e generosi.
12 luglio
Avevo interrotto l’altra sera con l’intento di completare questo mio racconto sulla conclusione del mio viaggio ieri, prevista per riposare, ma che poi è stata una giornata di trekking anche molto impegnativa, come avete già letto.
Così oggi è veramente il mio ultimo giorno, stamattina abbiamo lasciato Gambarie e siamo scesi a Villa S. Giovanni. Manfredi freme per la traversata così il suo sguardo è sempre rivolto alla Sicilia che già da ieri abbiamo avuto modo di vedere. Mi parla di quando salirà sui Nebrodi e poi le Madonie e poi ancora l’ascesa del Monte Cofano anticipandosi il piacere che proverà ad attraversare la Sicilia, che si intuisce, è una terra che lui ama molto. Ma dietro questo parlarmi della Sicilia c’è anche il tentativo di controllare l’ansia che un po’ sente per la traversata. Dopo due mesi di duro terreno e di monti, non deve essere semplice ritrovarsi in mare. Così ora avrà due giorni per riprendere confidenza con il movimento del nuoto e con il suo corpo in acqua.
Vorrei congedarmi da voi con qualche altra piccola riflessione che voglio condividere con i tanti amici che stanno accompagnando Manfredi e, in questo piccolo tratto anche me.
Manfredi sa che avevo dei dubbi prima di iniziare, prima di tutto non volevo “interrompere” il suo andare con una presenza che potesse infastidirlo e poi, io sono più solitaria, e l’idea di vivere un’esperienza così impegnativa (fisicamente per me lo è stata) con un’altra persona, mi impensieriva. Pensavo che mi sarebbe costato (e anche che non lo avrei goduto pienamente) perché immaginavo che non mi sarei sentita libera di agire e di esprimermi. Invece è stato un viaggio “libero” e “sereno”. E credo sia lo stesso per Manfredi. Non ho mai notato in lui, né ho mai sentito io, fastidio per la presenza reciproca, mai ho pensato: “vorrei essere sola”. Ieri, gli ho chiesto di darmi 5 minuti perché volevo ascoltare una musica, tra i boschi; lui si è allontanato e mi ha lasciata da sola con la mia musica e il bosco. Non so dire di lui con certezza, se qualche volta ha sentito fastidio per la mia presenza (forse perché ho un po’ rallentato il suo cammino), certo non ha espresso mai nei suoi comportamenti nulla che mi potesse far pensare che si sia pentito di avermi accettata come compagna di viaggio in questa terra, bella ed ospitale, ma difficile e dura.
Ho visto sempre la mia GUIDA attenta ma rispettosa, mai prevaricante, sempre pronta a fare uno sforzo in più per alleviare la mia fatica (tante volte mi ha chiesto di cedergli un po’ del mio sacco, ma naturalmente non ho acconsentito, il suo è molto più pesante del mio!). Mi sono spesso accorta che nei momenti più difficili, senza che me ne accorgessi, mi osservava, ma sapendo quanto sono orgogliosa, mai ha palesemente fatto gesti per venire in mio soccorso. E’ successo qualche volta, ma solo quando ha compreso che avrei accettato un piccolo aiuto. Ora credo di poter dire che se desiderassi fare altre esperienze come queste, Manfredi sarebbe la sola persona che accetterei come compagno di viaggio.
Ora mi dispiace un po’ dover ripartire e lasciare Manfredi a godere e a soffrire la Sicilia, il tratto che desideravo fare all’inizio. Ma sono certa che per un po’, lui mi sentirà ancora al fianco, anzi un po’ dietro di lui. Ogni tanto si girerà e mi vedrà arrancare, piegata su me stessa sotto lo zaino, ma mi vedrà arrivare in cima.
Vi ho già detto che non ama esprimere le sue emozioni, ma qualche volta ha incrociato i miei occhi, ed io ho potuto vedere un po’ di più dentro di lui, quello che solo attraverso gli occhi si può comprendere, ciò che anima veramente le persone.
Ora Manfredi, ti aspetta l’ultima bellissima tappa di questo tuo lungo viaggio, sarà un’emozione fortissima quella che sentirai quando arriverai ad Erice. Stai concludendo una straordinaria avventura, so che hai imparato qualcosa e so anche che ricorderai qualche piccolo “suggerimento” che hai ascoltato in questo giorni. Ricordalo, ti servirà per questa ultima tappa.
E’ stato bello camminare con te, ricorderò le faggete, le pinete, le salite e le discese, i panorami, le tue barzellette, le tue “pseudo-imitazioni”, le tue canzoni (a volte troppo urlate), i tuoi urli mattutini, la tua sveglia (odiosa!), i tuoi tortellini e i tuoi risotti, i silenzi e il rumore dei nostri passi che calpestano il fogliame dei boschi, la luce che filtra tra gli alberi e gli uccelli nei boschi.
Ma soprattutto avrò sempre nel cuore la certezza di aver costruito una straordinaria amicizia piena di rispetto e affetto vero.
Grazie Manfredi e buon viaggio. Ti aspetterò ad Erice, e fra i tanti che ti avvolgeranno nel loro affetto, sentirai il mio discreto, ma profondo.

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